Tra un po' di tempo si avranno le prove della regia che tiene i fili dei due burattini che ci governano. Tutto sta accadendo sul web e sui social.
La società è antropologicamente e storicamente divisa in gruppi omogenei per cultura e sensibilità, che sfociano nella condivisione di opinioni all'interno degli stessi. Questo è il motivo della nascita dei partiti (che vuol dire di parte).
Un fenomeno, quindi, che esiste da sempre e che tende ad includere
persone con caratteristiche intellettuali e culturali affini, nei limiti
fisici dello spazio e del tempo.
Con l'avvento del web, essendo l'informatica strumento di comunicazione che ha come limite il linguaggio e non la condizione geografica - poiché non ci si deve incontrare fisicamente - il fenomeno si è ampliato enormemente. Senza limiti fisici, l'appartenenza ai gruppi può assumere proporzioni numericamente consistenti e costituire base per un consenso importante.
Dentro questa logica, diventa possibile drogare un sistema di relazioni sociali naturalmente sconnesso ed esclusivo (che esclude), promuovendo fatti che appartengono sì alla realtà oggettiva, ma amplificati e distorti al fine di produrre una percezione degli avvenimenti allucinata ma condivisa all'interno del gruppo.
L'abilità di chi intende trarre il massimo consenso da questa nuova condizione sta nel tenere i gruppi separati, in modo che non si abbiano elementi di crisi dovuti al confronto esterno. A questo si perviene difendendo i confini culturali del gruppo con la violenza verbale e la delazione. Anche questi artifici risalgono agli albori della storia politica ma, grazie alla potenza dello strumento comunicativo, oggi accrescono particolarmente la loro efficacia.
I partiti politici tradizionali sono in crisi perché fondano ancora la loro organizzazione su luoghi fisici e gerarchie costose. La presenza sul territorio, in un mondo in cui informazione e confronto avvengono nell'etere, tra l'altro in tempi reali, senza limiti di spazio e con costi enormemente contenuti, non ha più molto senso. I notiziari televisivi, un tempo fonte di obiettività dell'informazione (anche grazie al controllo di partiti politici antagonisti) oggi pescano e propongono più del 50% delle notizie dal mondo dei social network. Questo ha frammentato anche l'informazione televisiva e l'ha modulata in favore di strategie ibride che, se da una lato hanno necessità di maggiore audience e per questa ragione dovrebbero tendere alla neutralità , dall'altro devono giustificare l'accesso al web e il loro coinvolgimento nella formazione di consenso politico verso un gruppo preciso. Questo è il vero segnale che occorre un cambiamento sostanziale e strutturale di strategia organizzativa della comunicazione.
Nel web coesistono in un'unica rete mondi separati che non si confrontano ma si scontrano, dove, per avere successo, occorre abbassare il livello della contesa per coinvolgere il numero massimo di persone per poter organizzarne le opinioni, per semplificarle, deformarle e incanalarle verso una linea di conformità collettivamente capita e condivisa da tutti gli appartenenti al gruppo.
In un mondo di massa, si sa, le logiche vincenti sono quelle proposte dal marketing.
Occorre dire che, al confronto col web, il marketing pare stare su un livello qualitativo più evoluto e meno banale. Ma il web è solo all'inizio e, se si ricorda l'avvento dei prodotti di massa sul mercato negli anni del boom economico, il successo gratificava sicuramente i prodotti di bassa qualità ma anche di basso costo. Nei decenni la qualità media dei prodotti è cresciuta grazie alla concorrenza e al libero confronto. Concorrenza e confronto che, nella condizione attuale, rappresentano il nemico principale di ogni strategia della comunicazione politica di massa vincente.
Sandro Lazier
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